Cos’è, come funziona all’estero e quanto costerebbe in Italia. Le esperienze dei paesi stranieri in cui esiste un sussidio sociale contro la povertà.

C’è chi lo chiama reddito di cittadinanza ma le definizioni più giuste, in realtà, sono altre: reddito minimo garantito oppure reddito di base incondizionato, secondo l’espressione usata dai militanti della rete di San Precario. E’ un sussidio universale contro la povertà che è entrato di prepotenza nel dibattito politico italiano, visto che è uno dei cavalli di battaglia del Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo, il vero vincitore delle ultime elezioni politiche.

I NUOVI AMMORTIZZATORI SOCIALI

A ben guardare, le discussioni su questo tema vengono da lontano e hanno radici profonde, benchè siano rimaste spesso confinate tra gli addetti ai lavori. Il punto di partenza di ogni dibattito, è sempre lo stesso: l’Italia, assieme alla Grecia e all’Ungheria, è l’unico paese in Europa in cui non esiste un reddito minimo garantito, cioè un sostegno pubblico, erogato a tempo indeterminato o per almeno 2 o 3 anni, a tutti i cittadini che si trovano attorno alla soglia di povertà. Si tratta di un assegno di qualche centinaia di euro al mese (me c’è chi vorrebbe arrivare a 1.000 euro) che lo stato dovrebbe dare ai senza-lavoro o ai più bisognosi, per evitare che affrontino una vita di stenti.

I COSTI

Ovviamente, sorgono spontanee due domande: quanto costerebbero queste forme di assistenza e come funzionano all’estero, dove sono già state applicate? La prima risposta dipende dall’importo del sussidio, dai potenziali beneficiari e da come viene erogato. Secondo le stime di Tito Boeri e Roberto Perotti, noti economisti della Bocconi e del sito LaVoce.info, la spesa potrebbe essere nell’ordine di 8-10 miliardi all’anno, se venisse erogato un sussidio di 500 euro al mese in maniera selettiva, cioè con delle regole tali da non scoraggiare la ricerca di un lavoro da parte del beneficiario e in grado di premiare chi ha davvero maggiore bisogno di assistenza (famiglie con figli, disabili o anziani senza pensione). Le risorse per questo ammortizzatore sociale, secondo Boeri e Perotti, potrebbero essere reperite riordinando il sistema dei sussidi contro la povertà che già esistono (come le pensioni minime o quelle per gli inabili al lavoro), che sono molto frammentati e spesso poco efficaci.

Ci sono poi richieste ben più radicali come quelle della rete di San Precario, che propone un sussidio di 600 euro al mese assicurati dallo Stato a tutti coloro che ne hanno bisogno, senza limiti di tempo e senza obbligo di cercare lavoro. Il costo per le finanze pubbliche, per questa forma di assistenza,  sarebbe di circa 21 miliardi di euro, che potrebbero essere in gran parte recuperati eliminando tutti i sostegni alla disoccupazione (cassa integrazione, mobilità, indennità ordinarie ai senza lavoro), per le quali lo stato spende ogni anno 15,5 miliardi di euro.

COME FUNZIONA ALL’ESTERO

A ben guardare, se si prende in esame la realtà dei paesi esteri, si scopre che in Europa il reddito minimo garantito viene erogato in maniera abbastanza selettiva e non sostituisce affatto i sussidi ordinari alla disoccupazione che, anzi, sono spesso più generosi che in Italia.  Più semplicemente, il reddito minimo garantito è qualcosa in più, che si aggiunge agli altri ammortizzatori sociali, per proteggere soltanto  le categorie sociali particolarmente vulnerabili (come gli anziani senza pensione, i disabili o i disoccupati cronici).

Una panoramica sulle sull’assistenza alla povertà in Europa la si trova per esempio in uno studio di qualche anno fa realizzato da Gianluca Busilacchi, docente di sociologia dell’organizzazione all’Università di Macerata, per conto della Commissione d’Indagine sull’Esclusione Sociale (Cies) istituita presso il Ministero del Lavoro. Nella sua analisi, Busilacchi ha preso in esame gli assegni contro la povertà esistenti in tutta l’Unione Europea, mettendo in evidenza alcuni aspetti importanti. Di solito, queste forme di assistenza sono erogate a tempo indeterminato e a volte possono essere anche molto generose, almeno in alcune nazioni. In Danimarca, per esempio, l’assegno per le famiglie numerose supera addirittura i 3mila euro al mese. Per i single, invece, l’indennità è più contenuta e varia di solito tra i 300 e i 500 euro al mese in molti paesi come la Germania, la Francia e l’ Olanda,  per toccare punte massime sopra i 1.000 euro in Scandinavia. Nelle nazioni dell’Est, invece, il sussidio è molto basso e non di rado scende sotto i 100 euro al mese (sempre nel caso dei single).

C’è però un aspetto importante che molto spesso viene trascurato quando si parla di reddito minimo garantito. All’estero,  i sussidi vengono concessi soltanto a determinate condizioni, cioè quando il beneficiario non ha altri mezzi di sussistenza, non ha risparmi da parte e si impegna a partecipare a dei programmi di formazione per la ricerca di un impiego o per il reinserimento nel mondo produttivo. I governi europei, insomma, si guardano bene dal regalare i soldi a destra o a manca e cercano di evitare qualsiasi forma di assistenzialismo inutile.

di Andrea Telara

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